Responsabilità educativa: riflessioni dopo la tragedia di Milano
- Agnese Mautone
- 15 set
- Tempo di lettura: 2 min
L’11 agosto 2025, a Milano, una donna di 71 anni ha perso la vita mentre passeggiava in un’area verde, travolta da un’auto rubata guidata da quattro minorenni. Una tragedia che lascia dolore e domande aperte.
Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 luglio, ha ricordato come questo fatto non possa essere letto soltanto in termini di cronaca nera o di emergenza sicurezza. Ci interpella, piuttosto, come società, sul senso profondo della responsabilità educativa.
Quando lo Stato e la comunità non vedono
La domanda che resta sospesa è: dove siamo stati come comunità educativa? Dove siamo quando ragazzi in età scolare non frequentano più la scuola? Dove siamo quando le famiglie vivono senza servizi essenziali, in condizioni di marginalità che diventano invisibili agli occhi della città?
Non basta chiedersi “dove sono i servizi sociali?” o “dove sono le parrocchie ad agosto?”.
La questione è più ampia e riguarda un investimento collettivo che, negli ultimi decenni, sembra essersi indebolito: quello sull’educazione, sulla prevenzione, sulla cura dei legami sociali.
Responsabilità educativa: un impegno di tutti
I servizi sociali spesso operano con poco personale, risorse ridotte e un carico di richieste sempre crescente. Ma la responsabilità educativa non può essere delegata solo a loro. È un impegno che coinvolge lo Stato, le istituzioni, il territorio, le associazioni, le famiglie e ciascuno di noi.
Significa creare spazi di ascolto, opportunità di crescita, interventi di sostegno prima che la marginalità diventi abbandono. Significa anche saper guardare, senza voltarsi dall’altra parte, le fragilità che vivono accanto a noi.

Un dolore che ci riguarda tutti
Il dolore per la signora Cecilia e per la sua famiglia è immenso e richiede rispetto e silenzio. E insieme nasce anche l’angoscia per quei ragazzi, per il loro futuro, per le ferite che si porteranno dietro.
Questa tragedia non può ridursi a uno slogan politico o a una bandiera da sventolare. È un richiamo potente a rimettere al centro l’educazione, la prevenzione e la cura dei più giovani, in particolare di chi cresce in condizioni di fragilità.
Una riflessione aperta
Un agosto caldo e asfissiante, che lascia dolore ma anche domande. Forse la più importante è questa: come possiamo, come società, prenderci davvero cura dei nostri bambini e delle nostre comunità?
Abbiamo tutto il nuovo anno scolastico per riflettere insieme.
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