Resistenza educativa: educare alla libertà ieri e oggi
- Agnese Mautone
- 25 giu
- Tempo di lettura: 2 min
Il coraggio di educare durante il fascismo
C’era un tempo in cui per giocare si rischiava la libertà. Durante il regime fascista, lo scoutismo fu messo al bando. Ma a Milano, un gruppo di ragazzi, le Aquile Randagie, decise di continuare il cammino scout in clandestinità, guidati dal loro educatore “Kelly”. Continuarono a incontrarsi nei boschi, a giocare, a imparare, sfidando la paura con coraggio. Fu un atto di resistenza educativa, non violento e profondo.
Anche a Roma, nel 1943, un gruppo di ragazze si incontrava in segreto nelle catacombe. Scelsero di essere guide, di educarsi alla responsabilità e alla libertà, in un tempo in cui le donne erano escluse dalla scena pubblica.
Il valore della libertà educativa
Cosa spinse questi giovani a rischiare tanto? La risposta sta nel cuore della pedagogia scout: educare al pensiero critico, alla responsabilità personale e collettiva, alla vita di comunità. In altre parole: educare alla libertà.
Questi valori non erano compatibili con l’autoritarismo fascista. Eppure, proprio nell’educazione, quei ragazzi trovarono la forza per resistere, per difendere la loro identità e immaginare un futuro diverso.
E quindi? Cosa abbiamo imparato?
Oggi, per fortuna, non viviamo sotto una dittatura. Ma possiamo davvero dire che la libertà educativa sia pienamente garantita? Tagli alla scuola, precarietà, modelli educativi rigidi e standardizzati: rischiamo di dimenticare quanto sia preziosa la possibilità di educare in modo libero, partecipato, umano.
Cosa ci hanno insegnato le Aquile Randagie?
Guardare alla storia ci aiuta a non dare per scontato ciò che abbiamo. Le esperienze come quelle delle Aquile Randagie ci mostrano che educare è un atto di coraggio, e che la democrazia si costruisce ogni giorno, anche (e soprattutto) in aula, in cerchio, nei giochi e nei progetti condivisi.

Costruire oggi una nuova resistenza educativa
Come possiamo, oggi, preservare e coltivare questa libertà educativa? Alcune proposte concrete:
Promuovere una pedagogia della partecipazione, dove le decisioni si prendono insieme, adulti e ragazzi
Utilizzare strumenti come il gioco cooperativo, per educare alla relazione e al rispetto
Dare valore all’autonomia dei bambini e dei ragazzi, sostenendo i loro tempi, le loro voci
Creare progetti educativi condivisi, costruiti con l’intera comunità scolastica ed extrascolastica
Educare alla democrazia è un percorso lungo, ma possibile. Servono équipe preparate, progettazione intenzionale, e soprattutto una visione: quella di una scuola e di una società dove ogni persona conta, ed è protagonista del cambiamento.
Conclusione aperta
La resistenza educativa non è solo memoria, è anche visione. Quali spazi possiamo costruire oggi per rendere l’educazione davvero libera, umana e trasformativa?
Racconta la tua esperienza: hai mai partecipato a un progetto di educazione democratica?
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